Non avrei mai pensato di dovere scrivere un articolo del genere, ma quando ti risvegli per terra circondato da personale sanitario e un paio di agenti di polizia, con il sangue che ti bagna la testa e senza ricordare nulla dell’accaduto, forse è giunto il momento di fare alcune riflessioni.
Come molti di voi, ho sempre usato il casco solo nelle uscite lunghe in bicicletta, mai nella quotidianità: “tanto in città si va piano”. Quando ero più piccolo, complice l’immaginario degli anni Novanta, le bandane del pirata e la folta chioma di “Re Leone” Cipollini, il casco lo mettevo solo quando il percorso prevedeva dei tratti in discesa. Dopo tutto, cosa vuoi che sia andare a venticinque, trenta all’ora al massimo, per una persona abituata a fare le discese libere con gli sci ai piedi?
Eppure, è proprio quando ci muoviamo spensieratamente in bici per le nostre città che corriamo i rischi maggiori. Il primo nemico è certamente il traffico, che nelle aree urbane è sempre maggiore che nelle tranquille strade che spesso accompagnano le nostre uscite domenicali. Una portiera aperta senza guardare, una macchina che gira senza mettere la freccia, un veicolo che ci sorpassa a forte velocità senza lasciarci il giusto spazio: tutte situazioni che ognuno di noi ha vissuto sulla propria pelle.
Ma il nemico principale nell’utilizzo urbano della bicicletta è la distrazione. Quando usiamo la bici per spostarci quotidianamente non abbiamo l’adrenalina e la concentrazione che contraddistinguono le nostre pedalate “pancia a terra”. Siamo spesso distratti dai pensieri post giornata lavorativa. Molti di noi hanno la brutta abitudine di rispondere al cellulare, e perché no, qualche volta ci sarà sicuramente capitato di metterci in bici dopo aver bevuto qualche birretta con gli amici.
Ed è nei momenti come questo, ferito ancor più nell’anima che nel corpo, che inizio a pensare. Quando ti risvegli, dopo esserti ritrovato a bordo strada privo di coscienza per una caduta evitabilissima, quando ti senti stupido e confuso, quando fatichi a ricordati cosa sia successo, ma sai per certo che se fossi stato più attento ora saresti in piedi e non avresti fatto preoccupare tutti i tuoi cari: in tutti questi momenti i pensieri la fanno da padrone.
Ci pensi e ci ripensi. Non ci dormi la notte. Capisci che non è un caso che tutte le tue cadute più rovinose siano avvenute in città. Realizzi che in fondo ti è andata bene. Raggiungi la piena consapevolezza che se avessi avuto il casco, non avresti evitato di commettere la tua ennesima imprudenza, ma almeno non ti ritroveresti con questa ferita in testa, che più la guardi allo specchio e più ti senti un idiota.
Dopo tutti questi pensieri prendere in mano la penna e scrivere diventa un obbligo morale. Un modo per esorcizzare quanto accaduto e dire al mondo: “date retta a un cretino, usate sempre il casco”.
