Ad Oropa Marco Pantani era vivo

Come scrive Giacomo Pellizzari – scusate se mi tocca citarlo nuovamente, ma in questa occasione è d’obbligo – certi luoghi trattengono l’anima di chi non c’è più. Eppure, nonostante fossi convinto che si trattasse di un’espressione meramente retorica, devo totalmente ricredermi: ieri (5 maggio 2024 ndr) ad Oropa lo spirito di Marco Pantani era ovunque. Lo si poteva sentire nitidamente.

La sua presenza si irradiava dalla curva dei pirati, posta ai meno 3 chilometri dalla vetta, per diffondersi in tutta la vallata. Pedalava insieme a noi. Si poteva chiaramente sentire il suo respiro tra gli alberi, mentre la sua voce inconfondibile ti gridava di accelerare e alzarti sui pedali, per “abbreviare l’agonia”.

Era nelle scritte sull’asfalto, nelle divise e nei cappellini dei tifosi. Era insito nel monumento che ci ricorda il famoso salto di catena, in compagnia dello spirito di un altro grande del passato – Adriano De Zan – la cui voce è legata indissolubilmente alla sua memoria.

Dopotutto è la salita stessa di Oropa che ci ricorda lo stile di Pantani. Un’ascesa discontinua e arcigna, piena di violenti cambi di ritmo, proprio come amava fare il Pirata: uno scatto dietro l’altro per stroncare le resistenze degli avversari.

E chissà che non sia stato proprio lui, così per gioco, a provocare la foratura di Pogacar poco prima dell’imbocco della salita. Uno scherzo del destino che ha costretto il corridore sloveno a una rimonta che, seppur molto diversa da quella di 25 anni fa, su queste montagne ha un sapore tanto familiare.

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