Appunti sparsi e disordinati dal Tour de France 2023

È stato un Tour de France bellissimo, corso a un’intensità folle in tutte le sue tappe. Un Tour caratterizzato da un percorso sperimentale, molto diverso da quello proposto dal Giro d’Italia, che ha visto trionfare con grande vantaggio Vingegard e la sua Jumbo Visma, dimostrandoci come, oltre a un talento fuori dal comune, la cura dei dettagli rappresenti la chiave del successo in questo ciclismo moderno ultra-competitivo. Un tour appassionante che è stato caratterizzato dal grande duello tra il danese e Pogacar: due alieni rispetto al gruppo. Due personaggi così diversi e così interdipendenti l’uno dall’altro. Un tour che ci ha mostrato per la prima volta il campione sloveno in piena crisi, facendoci capire che anche gli Dei – in fondo – hanno un tratto di umanità che li accomuna a noi mortali.

Un tour (forse l’ultimo della sua carriera) decisamente sfortunato per Mark Cavedish, che si è visto sfuggire per un salto di catena una vittoria già scritta che gli sarebbe valso il titolo di più vincente di sempre al tour de France, superando il record di vittorie di un certo Eddy Merckx, e il giorno successivo è stato costretto al ritiro a causa di una caduta banale.

Il tour dei gemelli Yates che, pur correndo in squadre diverse, spesso hanno avuto modo di collaborare verso obiettivi comuni. Il tour di Van Aert e Kuss, super campioni prestati a una causa più importante del proprio successo personale. Il tour del #RideForGino della Bahrein, che nel giro di poche tappe si è trasformato in un commuovente #WinForGino. Il Tour della gente, tantissima gente, proveniente da tutto il mondo e assiepata per cogliere l’attimo fuggente alla vista del plotone.

 L’ultimo tour di Thibault Pinot e Peter Sagan.

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Dentro il Lombardia: l’ultima corsa dello Squalo

Andare a vedere le gare di ciclismo dal vivo è un atto di fede: un rito laico e popolare che si tramanda da generazioni. Centinaia di persone che si radunano a bordo delle strade come tanti pellegrini in attesa di quel brivido fugace al passaggio dei propri idoli a due ruote.

Passione irrazionale. È difficile far capire a chi non c’è mai stato quale sia l’emozione che si prova ad essere in quel luogo e in quel preciso istante. In fondo si tratta solo di un attimo: un fugace tremito di pura passione. Pochi secondi per scorgere in mezzo ai tanti volti trasfigurati dalla fatica il proprio atleta preferito. Giusto il tempo di un “Alé” gridato con tutto il fiato che si ha nei polmoni e il gruppo inesorabilmente scompare dietro la curva.

Ma andare a vedere una corsa a bordo strada non è soltanto questo. È l’emozione unica che si prova a risalire – a piedi o ancora meglio se in sella a una bicicletta – quelle strade che nel giro di pochi minuti saranno teatro dello scontro tra i propri beniamini. Come se un amante del calcio potesse palleggiare indisturbato sul terreno di San Siro poco prima di un derby.

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