È stato un Tour de France bellissimo, corso a un’intensità folle in tutte le sue tappe. Un Tour caratterizzato da un percorso sperimentale, molto diverso da quello proposto dal Giro d’Italia, che ha visto trionfare con grande vantaggio Vingegard e la sua Jumbo Visma, dimostrandoci come, oltre a un talento fuori dal comune, la cura dei dettagli rappresenti la chiave del successo in questo ciclismo moderno ultra-competitivo. Un tour appassionante che è stato caratterizzato dal grande duello tra il danese e Pogacar: due alieni rispetto al gruppo. Due personaggi così diversi e così interdipendenti l’uno dall’altro. Un tour che ci ha mostrato per la prima volta il campione sloveno in piena crisi, facendoci capire che anche gli Dei – in fondo – hanno un tratto di umanità che li accomuna a noi mortali.
Un tour (forse l’ultimo della sua carriera) decisamente sfortunato per Mark Cavedish, che si è visto sfuggire per un salto di catena una vittoria già scritta che gli sarebbe valso il titolo di più vincente di sempre al tour de France, superando il record di vittorie di un certo Eddy Merckx, e il giorno successivo è stato costretto al ritiro a causa di una caduta banale.
Il tour dei gemelli Yates che, pur correndo in squadre diverse, spesso hanno avuto modo di collaborare verso obiettivi comuni. Il tour di Van Aert e Kuss, super campioni prestati a una causa più importante del proprio successo personale. Il tour del #RideForGino della Bahrein, che nel giro di poche tappe si è trasformato in un commuovente #WinForGino. Il Tour della gente, tantissima gente, proveniente da tutto il mondo e assiepata per cogliere l’attimo fuggente alla vista del plotone.
L’ultimo tour di Thibault Pinot e Peter Sagan.
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