La mia grande sconfitta alla Parigi Brest Parigi

Ho ideato questo blog sognando un giorno di raccontare la mia Parigi Brest Parigi. Avevo addirittura creato una sezione apposita dove raccogliere tutti gli articoli che parlavano dell’avvicinamento all’appuntamento francese. Eppure, a distanza di due settimane da quando con gli occhi gonfi di gioia ho tagliato il traguardo di Rambouillet, devo ammettere sconsolatamente che da questo punto di vista la Parigi Brest Parigi è per me una grande sconfitta. Non sono, infatti, in grado di restituire con le parole nemmeno una piccola parte di quello che questo evento rappresenta realmente.

Dopo tutto, come si può pretendere di raccontare un’esperienza così grande? Solo a citare i principali numeri c’è perdersi. 6749 iscritti prevenienti da oltre 60 diversi paesi. 1222 chilometri di sali e scendi, per un totale di 12.000 metri di dislivello. Ben quattro regioni francesi attraversate seguendo le migliaia di frecce con scritto Brest e le altrettante con scritto Parigi, poste con pazienza dagli organizzatori nei giorni precedenti alla partenza. Ma soprattutto, oltre 2000 volontari lungo tutto il percorso e diverse decine di migliaia di persone a bordo strada. Uomini, donne e tantissimi bambini che con i loro sorrisi, gli incitamenti, i loro “batti cinque” e i vari banchetti improvvisati con acqua, bevande e ristori di ogni genere, ci hanno sostenuto a tutte le ore del giorno e della notte. Un calore talmente grande da trascinarti al traguardo, lasciandoti spesso senza fiato mentre nella testa ti ripeti canticchiando: “We can be Hero, just for One Day”.

Se certi numeri rappresentano un ostacolo insormontabile anche solo per tentare un racconto complessivo, forse conviene scendere nel dettaglio della singola esperienza personale. Ma anche in questo caso come si può condensare la narrazione con il punto di vista di un solo uomo. Dentro la Parigi Brest Parigi, infatti, convivono 6749 storie diverse. Storie di abbandoni forzati, di cadute rovinose e di scelte difficili. Storie di grandi emozioni, di lacrime di gioia e attimi di sconforto. Storie di corpi che si abbandonano al sonno e alla fatica in posti improbabili, lungo i bordi delle strade, sulle panchine, in mezzo ai prati, davanti ai bagni pubblici.

Ci sono, poi, le grandi storie umane, quelle che ti fanno commuovere al solo ripensarci. La Parigi Brest Parigi, infatti, è piena di persone che sono salite sulla bicicletta per dimostrare qualcosa a sé stessi e agli altri. Penso a quel ciclista francese che sotto il sellino aveva collocato la foto di una radiografia con due viti di congiunzione post-operatorie ben visibili e la scritta “qual è la tua scusa?” o alle storie incrociate di Roberto e Kevin, due uomini indistruttibili, che hanno affrontato questa avventura con la leggerezza di chi sa che la vita gli ha riservato sfide personali ben più ardue.

Si dovrebbe, inoltre, dedicare un lungo capitolo di questa narrazione alle avventure folli di chi ha scelto di provare questa esperienza con i mezzi più improbabili: bici reclinate, auto a pedali, biciclette eroiche, bici pieghevoli, fat bike. C’è persino qualche pazzo che ha percorso questi 12000 metri di dislivello in sella a una “scatto fisso”.

Solo restando nella mia cerchia più ristretta di amici, ci sarebbe da raccontare la storia di Marco, a cui il medico ha ritirato il passaporto per tre ore, prima di dargli la possibilità di ripartire a seguito di un forte dolore al collo che gli aveva fatto perdere temporaneamente la vista, e che nonostante questo e nonostante alcuni conseguenti svenimenti, non ha mollato ed è riuscito a giungere al traguardo di Rambouillet in tempo. Ma ci sarebbe anche da raccontare la disavventura di Matteo, che giunto all’arrivo ha iniziato a non vederci più da un occhio e che ha potuto concludere realmente la sua PBP solo alcuni giorni dopo, in ospedale a Milano, a seguito di un’operazione di diverse ore che gli ha consentito di recuperare la retina. Ma senza scendere nel racconto delle tragedie sfiorate, si potrebbe parlare per ore della pedalata di Damiano, che a ogni pausa ti raccontava con il suo consueto sorriso di qualche piccola disavventura o di quella di Aurora, che si è fatta decine di chilometri con il cambio bloccato sul rapporto più duro.

Senza dimenticare che ci sono anche le oltre 2000 storie dei volontari che hanno condiviso in maniera appassionata le gioie e i dolori di noi partecipanti e le decine di migliaia di storie del pubblico, che in un evento del genere diventa il vero protagonista, rendendo possibile per tanti quello che senza di esso sarebbe impensabile.

Personalmente, mi rimarranno per sempre in testa alcune immagini e alcune sensazioni. Il cielo stellato in mezzo alla campagna bretone, il cui splendore quasi mi costa una caduta rovinosa. L’infinita processione di lucine rosse che si snoda fino all’orizzonte e che colora le notti in bicicletta. L’alba che si fa strada tra la nebbia delle colline. Il pendolo continuo di emozioni che alterna la paura di fallire all’esaltazione per quello che stai facendo. Il sorriso dei bambini e le urla del pubblico che ti scaldano il cuore e ti convincono a non mollare. L’appetito continuo e insaziabile e il ritmo di pedalata incostante che fa coesistere momenti di grande efficienza a continue crisi di fame e di sonno. L’emozione di indossare la maglia azzurra in mezzo a decine di altre maglie che rappresentano i vari paesi partecipanti. Le chiacchiere scambiate con persone provenienti da tutto il mondo. Il dolore al soprassella e le dita delle mani e dei piedi ancora oggi intorpidite. La Bretagna, meta del mio primo viaggio in bicicletta e scenario perfetto per questo evento indimenticabile. Il “Ciao Dannati del Pedale, ci fai una foto”, appena giunti sulle ponte di Brest.

E allora, di fronte a tutto questo, non posso fare altro che alzare bandiera bianca e ammettere la sconfitta. Non posso raccontare questa esperienza restituendone anche solo una piccola parte di quello che un evento del genere rappresenta nell’immaginario individuale e collettivo. Perché la Parigi Brest Parigi puoi anche domarla sportivamente, arrivando al termine sufficientemente lucido per correre incontro ai tuoi compagni di avventura giunti al traguardo prima di te e lasciarti andare alle emozioni, ma è talmente enorme da sopraffarti quando cerchi le parole giuste per raccontarla.

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