Angliru: quel Mostro due metri sopra le nuvole

Decisi di provare a scalare l’Angliru nella tredicesima tappa del mio viaggio in bikepacking da Torino a La Coruña e devo ammettere che mai idea fu più inopportuna. Una scelta probabilmente peggiore di quella volta in cui Gi stava ospitando a casa due giovani studentesse cinesi e noi, convinti di fare omaggio alla rivoluzione culturale, ci presentammo a cena vestiti in pashmina. In quell’occasione, Jacopo, appena servito l’arrosto, tirò fuori dalla tasca il libretto rosso di Mao e, alzandosi in piedi, iniziò a recitare con voce solenne: “il nucleo dirigente della nostra causa è il Partito Comunista cinese. La base teorica che guida il nostro pensiero è il marxismo-leninismo”. Passarono solo pochi secondi prima che la voce ferma di Mei, la ragazza dallo sguardo più carino, interruppe bruscamente le prescrizioni del Grande Timoniere. “Dalle nostre parti non siamo soliti scherzare su queste cose!”. La serata era ormai compromessa: ci mettemmo più di mezz’ora prima di rompere nuovamente il silenzio imbarazzante che si era creato.

Nonostante questa storia possa sembrare assurda, l’aver deviato di oltre 100 chilometri per andare a pedalare sulle folli rampe dell’Angliru, con la pioggia che incombeva minacciosa e quasi alla fine di un viaggio che mi aveva già visto percorrere milleottocento chilometri e ventimila metri di dislivello, non si è rivelata una scelta meno inopportuna del nostro comportamento di quella strana serata di ormai 15 anni fa.

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