Per comprendere le ragioni che mi hanno spinto a partecipare alla Parigi Brest Parigi è necessario tornare indietro di tanti anni, quando ancora non conoscevo l’esistenza di questa manifestazione e quando il tuffo sul materasso era l’unico sport che praticavo.
È l’estate 2012. Mentre il caldo afoso dei pomeriggi bolognesi ti imprigiona sul divano ed è impossibile anche solo pensare di uscire di casa, alla televisione l’inconfondibile voce di Franco Bragagna ci racconta le imprese degli atleti italiani alle Olimpiadi di Londra. Come sempre quando sono in compagnia di Riccardo e Francesco, due amici dell’Università, il pomeriggio scorre veloce, tra risate spensierate e birre ghiacciate. Eppure, ad un certo punto, complice anche il tasso alcolemico in rapida crescita, un’epifania fa a pezzi tutte le nostre certezze. Come una sentenza, Francesco se ne esce con una frase ovvia, ma al contempo spiazzante:
“Raga, ma vi rendete conto che ormai, anche se ci scoprissimo fenomenali in qualche sport, non potemmo mai andare alle olimpiadi”.
“Ma dai Francesco, non essere così drastico!” rispondo ridendo nel tentativo di parare il colpo “Guarda bene questi tiratori con l’arco, hanno i capelli bianchi e non mi sembrano poi così atletici. Fidati, è solo questione di trovare lo sport giusto!”.
Nonostante ci facevamo forti con questa considerazione poco ortodossa, è stato proprio in quell’istante che per la prima volta ho sentito sulla mia pelle l’inesorabile scorrere del tempo.
Ma la vita – si sa – è davvero imprevedibile e delle volte anche una frase goliardica scandita a mezza voce in un torrido pomeriggio di agosto può trasformarsi in una profezia che si avvera dopo oltre un decennio di distanza. Perché Francesco pur avendo ragione – bastava guardarci per capire che nessuno di noi avrebbe mai avuto la benché minima possibilità per partecipare a un’olimpiade – in realtà si sbagliava di grosso: “è solo questione di trovare lo sport giusto”.
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