I randonneur.

I randonneur sono persone uniche nel loro genere: i più dannati tra tutti i dannati del pedale. Sono uomini e donne all’apparenza normalissimi, i classici vicini della porta accanto. Hanno fisici per nulla scolpiti e spesso hanno anche tanti capelli bianchi. Eppure, i veri randonneur sono le persone più forti e invincibili con cui vi capiterà di parlare.

I randonneur se ne fregano dei limiti fisici e mentali di un essere umano, loro vivono la bicicletta in maniera totale. Riescono a stare in sella per giorni interi, senza mai fermarsi e cedere alla fatica. Affrontano salite a ripetizione, anche decine di migliaia di metri di dislivello in sequenza, senza mai smettere di puntare al proprio personale obiettivo. Ognuno con il proprio passo. Ognuno in perfetta armonia con il proprio corpo. Ognuno con la consapevolezza che per ogni eventuale fallimento ci sarà sempre una nuova sfida per potersi rimettere alla prova.

I randonneur pedalano di giorno, di notte, nel freddo rigido dell’inverno e sotto il caldo torrido dell’Anticiclone africano. Non si curano dei violenti temporali che possono coglierli durante le loro imprese o degli animali selvatici che puntualmente attraversano la loro strada durante le notti a pedalare.

I randonneur hanno biciclette modificate per le grandi distanze, accessoriate con dinamo e borse spesso autoprodotte, che gli permettono di pedalare per giorni in totale autonomia, o come dicono loro “in autosufficienza”. A differenza dei loro cugini che fanno le granfondo, non si curano dei graffi sul telaio, anzi ne vanno fieri in quanto ricordi indelebili delle loro avventure.

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L’ignoto.

Per un ciclista medio, una volta accumulata una certa esperienza e una discreta conoscenza del proprio corpo, raggiungere un obiettivo stagionale non è quasi mai un’impresa impossibile. Per quanto grande possa essere il traguardo scelto, quello che un amatore si appresta ad affrontare è principalmente una sfida con sé stesso e i suoi limiti: un percorso che si può preparare e pianificare per tempo con un margine di errore relativamente contenuto.

Una volta fissata “l’impresa”, occorre studiare meticolosamente ciò che si vuole andare a realizzare, contare quante settimana si hanno a disposizione per prepararsi e fare i conti con il tempo che si riesce effettivamente a dedicare all’allenamento. A quel punto basterà scomporre il proprio traguardo nei diversi elementi che lo caratterizzano e studiare un calendario di avvicinamento con impegni progressivi e allenamenti funzionali a migliorare in ciascuno dei segmenti individuati. Al netto di possibili errori di valutazione, se si sarà in grado di seguire con flessibilità quanto pianificato, tutto sarà destinato ad andare per il verso giusto.

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Oltre ogni tuo limite: il mondo delle randonnée

Ho scoperto il mondo delle randonnée per puro caso, come nei più classici romanzi d’amore. È bastato un invito disinteressato durante un corso di spinning: “Ehi! Che fai questa domenica? La mia società organizza un giretto in bici, si va sulle colline dell’Oltrepò. A metà percorso c’è un bel ristoro con vino e salame”. Poche e semplici parole di chi sa come motivare quelle persone che, come me, coniugano la grande passione per la bicicletta con un’innata fascinazione per l’enogastronomia.

Mi ritrovai, così, quasi per caso in partenza per la mia prima randonnée. “Tra Riso e Vino”, una pedalata di 220 chilometri con partenza la mattina presto dalla periferia di Miano, diversi chilometri di pianura per poi giungere nelle colline che circondano la zona tra Pavia e Voghera, dove si attraversa un interminabile saliscendi di quasi duemila metri di dislivello e infine imboccare il tratto di pianura Padana che riporta verso il capoluogo lombardo.

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